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lunedì 28 ottobre 2013

I fascisti insistono - replica di Forza Nuova a Sarezzo

Anche sabato 26 i fascisti sono entrati in azione, con due "presenze" segnalate. Una al Carmine, dove hanno compiuto un raid dimostrativo; ed una a Sarezzo, al bivio di Lumezzane dove il 13 novembre del 1943 fu ucciso l'operaio Luigi Gatta, colpito mentre andava al lavoro; una delle prime azioni collegate alla famigerata banda Sorlini. Imponente, nella proporzione, lo schieramento di carabinieri e della Digos. Tanto per loro Forza Nuova non è fascista. Di fronte ad una ventina di forzanuovisti, altrettanti, e forse più, compagni sparsi. Non raggruppati, per non costituire una contro-manifestazione non comunicata preventivamente. Quando l'assembramento fascista si è sciolto, alle 14.00, come previsto, carabinieri e polizia si sono dati da fare con solerzia per allontanare i compagni. Si è poi capito che si trattava di sgomberare il campo all'allontanamento dei fascisti che avevano parcheggiato moto e macchine proprio dove stavano i compagni ...
Qui sotto si possono intuire i momenti salienti della giornata.

giovedì 24 ottobre 2013

A Sarezzo nuovo presidio di Forza Nuova sabato 26 ottobre

Abbiamo avuto precise informazioni che sabato 26 ottobre dalle ore 13.00 alle ore 14.00 Forza Nuova terrà un nuovo presidio
presso Crocevia di Sarezzo.
Al sindaco di Sarezzo è stato immediatamente inviato questo avviso:
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A questo punto si può ritenere che Forza Nuova di Lumezzane abbia in programma di fare parecchie iniziative pubbliche di propaganda nel suo comune, di contenuto razzista, antislamico oppure con contenuti ispirati alla nuova destra nazifascista, con probabili momenti di contrapposizione con le forze democratiche e antifasciste della zona.
Si spera che la sua amministrazione voglia avere chiarimenti in merito e che, sentite le organizzazioni antifasciste, democratiche e solidali presenti sul territorio, come l'Anpi e i gruppi consiliari, voglia promuovere qualche iniziativa di risposta per valorizzare il senso della democrazia, della solidarietà e dell'antifascismo.
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A seguito di questi eventi viene lanciato un appello affinché ognuno si renda disponibile per un presidio in zona per quell'ora e si attivi a informare altri antifascisti, nonché invii segnali di protestare con le pubbliche autorità.

sabato 5 ottobre 2013

Un altro sabato fascista a Sarezzo e Lonato - sabato 5 ottobre 2013


La federazione di Brescia del Partito della Rifondazione Comunista denuncia il vero e proprio salto di aggressività della presenza neofascista in provincia di Brescia, in singolare coincidenza con la sostanziale sconfitta del tentativo di Berlusconi di imporre una svolta decisamente reazionaria al quadro politico nazionale, a partire dal livello governativo.
Senza fare eccessive speculazioni sugli intenti del settore berlusconiano e sui futuri intendimenti della nascita forzosa e non ancora perfezionata della nuova Forza Italia, denunciamo che nella giornata di oggi sabato 5 ottobre si sono verificati due episodi decisamente preoccupanti:
a) a Sarezzo Forza Nuova di Lumezzane ha deciso di “festeggiare” a suo modo la strage di Lampedusa con un suo presidio al crocevia con Lumezzane contro i migranti, visti come una orda selvaggia che porta disordine, degrado, distruzione;
b) a Lonato la nostra sede locale di partito è stata vittima per la seconda volta di atti di vandalismo. Se la volta scorsa l'azione delittuosa si era limitata a scritte inequivocabilmente fasciste che lordavano la vetrata, questa volta la vetrata di accesso è stata colpita con violenza, incrinandola completamente. I colpi, portati presumibilmente con l'ausilio di un oggetto contundente, sono stati di tale violenza da provocare la bucatura e la frattura del robusto doppio vetro della vetrata stessa. L'aggressione vandalica è stata preceduta nelle settimane precedenti da una assidua “cura” da parte di “sconosciuti”, che, negli orari in cui la sede era in uso da parte dei compagni, si divertivano ad avvicinarsi in automobile alla sede, scattare velocemente una fotografia, per poi schizzare via, protetti dal dosso che segue immediatamente la localizzazione della nostra sede.
Secondo testimoni oculari i fascisti nell'ultimo agguato hanno agito con una vera e propria tattica da guerra: ad agire sarebbero stati in cinque, ognuno autonomo con il suo scooter. Due, con il casco, si sono appostati a far da palo; mentre i tre autori diretti della aggressione erano protetti da passamontagna. Mostrando una componente decisamente puerile, che sembra addirittura contrastare con le modalità “professionali” di tutta l'operazione, gli aggressori attraverso il varco aperto nella vetrata hanno asportato la bandiera della rete antifascista che era collocata sul vetro all'interno della sede.
Nel denunciare con forza la gravità di queste azioni, che seguono a ruota il “sabato fascista” di Casapound a San Vigilio, sottolineiamo come ugualmente grave l'apatia con la quale partiti, istituzioni ed autorità, che dovrebbero essere antifascisti, come lo è la nostra Costituzione, accolgono questi fatti. Eppure l'esempio della vicina Grecia, sempre sbandierato quando si tratta di minacciare disastri economici quando si tratta di far accettare alla popolazione quei “sacrifici” che invece la fanno affondare sempre più nel baratro dei debiti, dovrebbe ammonirci sui pericoli che è rappresentato dalla mistura di crisi economica ed estremismo politico neofascista. Non si aspetti che sia troppo tardi per sbarrare la strada a queste degenerazioni.
Da parte nostra continueremo coerentemente la nostra lotta in difesa dei lavoratori e dei loro veri interessi, che certamente non si difendono individuando falsi capri espiatori come fanno fascisti e leghisti, che lavorano in maniera convergente nel nascondere le vere cause della crisi, a tutto vantaggio di chi anche di questi tempi continua ad accumulare ricchezze sulla pelle dei lavoratori.

venerdì 4 ottobre 2013

La legge Bossi-Fini ed i cannibali nostrani

Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra europea
Federazione di Brescia
Commissione immigrazione

Il Prc di Brescia esprime la sua immensa amarezza ed il suo cordoglio per la orrenda strage di Lampedusa, causata dalle condizioni di vita, economiche e politiche dei paesi di provenienza, molte volte invivibili anche per gli interventi destabilizzanti dell'Occidente, condizioni che costringono le persone a fuggire da un inferno certo verso una morte atroce. Come ora dicono tutti, o quasi, il Mediterraneo si sta trasformando da tempo in un orrendo cimitero.
Questa strage rivela in modo crudele l'immensa carenza dell'Europa in materia di immigrazione; ma in particolare mette a nudo in modo estremo il senso della legge Bossi-Fini, sulla base della quale si è perfino giunti a punire penalmente chi osservi l'antica legge non scritta dell'obbligo del soccorso in mare; minaccia ai soccorritori che secondo le voci riferite dai mass media ha contribuito a dilatare le dimensioni della tragedia odierna. Una legge che continua a produrre sfruttamento, clandestinità e morte nel nostro paese, e che deve essere assolutamente abolita.
Noi riteniamo necessaria la creazione di corridoi umanitari che sottraggano i richiedenti asilo allo sfruttamento della criminalità ed alle persecuzioni in agguato nei territori attraversati, per ristabilire un minimo di civiltà, di umanità, di solidarietà.
Noi crediamo che i migranti proseguiranno senza paura la lotta per la loro dignità, e giudichiamo vergognoso il tentativo della Lega di rovesciare la realtà, dopo questa strage che è legata in modo evidente alla sua cultura razzista, che in questi anni ha avvelenato il nostro paese.

mercoledì 2 ottobre 2013

Fratelli musulmani, salafiti, nazione islamica, Arabia Saudita, Qatar: un'occhiata a ciò che si muove nel mondo arabo

Anche a Brescia sono comparsi all'improvviso i "Fratelli musulmani", che si sono infilati nella manifestazione organizzata dai migranti sabato 21 settembre, riuscendo a scardinarla, al punto che la manifestazione è stata sciolta alla stazione di Brescia dagli stessi organizzatori, per evitare una sua possibile degenerazione. In questo articolo Alì Anouzla, giornalista marocchino arrestato lo scorso settembre probabilmente proprio per quanto scrive qui, chiarisce alcuni aspetti di base della situazione del mondo islamico "dalla penisola arabica alle coste dell'Atlantico", come dice lui stesso. In particolare cita i "Fratelli musulmani" come una delle pedine utilizzate dai governi "petroliferi" della penisola arabica, in particolare dal Qatar. Senza con questo voler esprimere giudizi affrettati sulla irruzione di questa fazione islamica nella manifestazione dei migranti di sabato 21, diciamo anche che sembra difficile liquidare l'episodio di Brescia come una pura casualità. Fa pensare anche l'avvertimento che avevamo lanciato sulle interferenze "istituzionali" che avevano indotto la ministra Kyenge a rinunciare a venire a Brescia in questa occasione, quando dicevamo che c'era da tenere gli occhi aperti, evidentemente contro possibili provocazioni. Ora la ministra Kyenge, visto che Prefettura, Questura e Comune hanno all'unisono declinato ogni responsabilità, incarica i suoi collaboratori di informare il segretario della CGIL Galletti ed il parroco di Santa Maria in Silva Corazzina, che le avevano chiesto spiegazioni, di far ricadere la responsabilità della raccomandazione di non venire a Brescia su anonimi poliziotti, che dunque sembrerebbero aver agito quasi a titolo personale (ricaviamo queste sensazioni dalla lettura del "Bresciaoggi" di oggi mercoledì 2 ottobre). Pure coincidenze, capacità divinatoria o che altro?
Buona lettura.


Alma-Blog
Il giornalista Ali Anzoula
Il giornalista Ali Anzoula
Dalla penisola arabica alle coste dell’Atlantico , i regimi arabi nutrono la stessa paura di vedere un giorno i loro popoli scuotersi dal giogo della dittatura . Ve ne è anche uno che si improvvisa base di riserva per tutti gli altri, finanziando, promuovendo e proteggendo i tiranni, fino al punto di offrire asilo ai fuggiaschi, curare malati o assicurare la difesa di quelli di loro che sono stati imprigionati . Ho citato l’Arabia Saudita .
Qatar vs Arabia Saudita , la battaglia dei titani
saudSe la “Primavera araba” ha preso il mondo di sorpresa , per la sua spontaneità, resta il fatto che le manipolazioni, di cui si è appena iniziato a sbrogliare la matassa, sono andate al galoppo, fin dalle prime scaramucce.
È il Qatar , il piccolo emirato che sembra essere stato messo al mondo dall’Arabia Saudita, nelle acque del Golfo Persico , che, per primo, ha tentato di dare a queste “rivoluzioni” un formato adatto a favorire i suoi protetti , i “Fratelli Musulmani”. Per fare questo , Doha si è essenzialmente appoggiata sulla forza del suo impatto mediatico , sulla presenza sul suo territorio di numerose guide spirituali e sull’iniezione di milioni di “Petrodollari” per aiutare i suoi alleati islamisti in Egitto, Tunisia , Yemen , Libia e Siria.
Manomissione insopportabile agli occhi dei regimi tribali di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e il Kuwait , che vedono una minaccia esistenziale in questo. Da qui l’idea di un sostegno finanziario e mediatico in appoggio ai Salafiti , che conducevano una campagna elettorale in Tunisia e in Egitto , contro i Fratelli musulmani e il loro vecchio sogno di creare una «Umma islamyia» ( nazione islamica) e un nuovo ” Califfato ” .
Ecco approntato il quadro scenico per un fronteggiamento titanico tra i due giganti del “Panislamismo” , il Qatar e l’Arabia Saudita.
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“Fratelli Musulmani” contro Salafiti
Doha è intervenuta mediaticamente. finanziariamente e anche militarmente in Libia e Siria , per sconfiggere(?) i suoi propri alleati, i Fratelli Musulmani , mentre Riyadh si coinvolgeva militarmente per sedare la rivolta popolare in Bahrain .
Il Regno wahhabita ha sborsato a sua volta miliardi di dollari per far abortire la rivoluzione yemenita e per avere influenza sulle elezioni democratiche in Tunisia ed Egitto , e non ha esitato a intervenire in Siria, per mezzo di milizie interposte. Milizie estremiste , che con la loro proverbiale crudeltà e con le loro estorsioni si sono guadagnate l’iscrizione nella lista delle organizzazioni terroristiche.
Riyadh ha anche gettato tutto il suo peso per sostenere il colpo di stato militare in Egitto, cominciando con l’applaudirlo, prima di svenarsi, con altri paesi del Golfo, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, con un assegno di dodici (12) miliardi di dollari, come “aiuto al cambiamento.”
Alla indignazione generale suscitata dalla macelleria di piazza “Rabiaa Al Adaouiya”, Riyad ha replicato, spedendo in tutta fretta a Parigi il suo ministro degli Esteri Saoud Al Faysal , con la missione di mettere sotto pressione gli occidentali e di ricordare loro le considerevoli risorse finanziarie che il suo paese ha investito, nella sua ferma determinazione a rendere l’Egitto il riferimento universale per quanto riguarda il regime sunnita. Fine dell’indignazione occidentale!
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Qatari+riyalsIl groviglio di Doha ….
Non c’è bisogno di uno sforzo intellettuale per capire il posizionamento dell’Arabia Saudita, per la quale l’Iran sciita e la Fratellanza Musulmana costituiscono un pericolo mortale.  E proprio come se l’è presa con i Fratelli Musulmani in Egitto , Riyad non nasconde le sue ambizioni di dare la sua impronta alla rivoluzione siriana, per minare l’influenza iraniana nella regione. Tutte prese di posizione che, come per incanto, hanno coinciso con il colpo di palazzo di Doha, un “putsch bianco” che ha deposto Khalifa bin Hamad al-Thani , con dolcezza – allorquando il suo primo ministro Hamad bin Jassim bin Jabr Al Thani si rilassava a bordo del suo yacht -, per il sostegno dato ai Fratelli musulmani, che l’emiro si era sforzato a lungo di presentare agli Occidentali come loro alleato pragmatico . Ma anche se dopo il putsch l’ex numero due non è apparso né durante l’investitura del principe Tamim bin Ahmed né in pubblico, egli rimane il patron di “Al Jazeera” , il potente canale del Qatar, che rimane il fedele sostegno della “Fratellanza” in Egitto, in totale contrasto con le posizioni del nuovo ministro degli Esteri, Khaled al- Attiya che ha applaudito il colpo di stato contro il presidente Mohamed Morsi .
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… e la fine … della letargia saudita
Al di fuori da questo groviglio inestricabile , diversi eventi hanno scosso la leggendaria letargia diplomatica di Riyadh e hanno spinto l’Arabia a far ribaltare la geopolitica regionale, in favore dei suoi interessi strategici : l’elezione in Iran di Hassan Rohani, un pragmatico che non nasconde affatto il desiderio di normalizzare le relazioni del suo paese con l’Occidente, l’allineamento di Hezbollah su Teheran, a proposito della questione siriana, con il rischio accresciuto del rafforzamento della “Mezzaluna sciita ” e la salita al potere, decisa dalle urne, degli islamisti apparentati ai “Fratelli Musulmani” in Tunisia e in Egitto, a spese delle correnti salafite di obbedienza saudita. Anche se questi tre avvenimenti inquietano, a colpo sicuro, il potere saudita, è nella guerra di successione che infuria negli arcani del palazzo che bisogna cercare l’essenziale della sua improvvisa iperattività .
Infatti, il capitolo finale della storia di Al Saud è scritto con l’ attuale principe ereditario Salman bin Abdulaziz, l’ultimo dei figli del fondatore del Regno. Dietro di lui, una armata di principi non nasconde la sua ambizione di succedergli, un giorno. Bandar Bin Soltan è uno di loro. Il potente capo dei servizi di sicurezza è il secondo uomo più forte del paese dopo Khaled Touijri , Capo di gabinetto del re Abdullah. Quest’ultimo è minato dalla malattia e la sua prossima morte metterà fine allo strapotere di Touijri per la sua non appartenenza alla stirpe reale. Il Principe Bandar, che non ignora nulla di questo presupposto, è determinato a usare tutta la sua influenza per trascinare gli americani nella guerra in Siria, esattamente come egli aveva fatto per l’Iraq al tempo della malattia di Re Fahd Bin Abdelaziz, convincendo quest’ultimo della pretesa esistenza di armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein.
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“Islam petrolifero”
Se l’Arabia Saudita detiene questo rango così particolare sullo scacchiere mondiale , essa lo deve prima di tutto al suo petrolio . Ma ciò che rafforza considerevolmente il suo potere, è il posto che essa occupa nel dispositivo militare americano in Medio Oriente e il suo ruolo di più importante alleato geostrategico dell’America, dopo Israele, e questo a dispetto delle divergenze di valore tra i due paesi.
Nel corso di questi decenni, gli USA non hanno cessato di destreggiarsi tra gli imperativi di approvvigionamento di petrolio e la preoccupazione per la stabilità politica di un Medio Oriente, che non cessa mai di sprofondare in una spirale di violenza. Una scelta difficile ma non impossibile, a condizione che a Washington ci si decida a sostenere la creazione di vere democrazie. Un’idea la cui sola evocazione ripugna alla famiglia reale saudita che, si accanisce a colpi di miliardi per far deragliare qualsiasi esperienza democratica, come ha fatto una volta in Libano e ora in Bahrain, in Egitto, in Tunisia , nello Yemen. Il supporto ai regimi giordano e marocchino dipende dalla stessa preoccupazione di sbarrare la strada a ogni velleità di democratizzazione.
E anche quando gli Stati Uniti hanno cercato di esportare in Iraq il loro savoir-faire in materia di democrazia, l’Arabia Saudita ha giocato la carta della guerra civile mortale, sostenendo i sunniti contro gli sciiti. Il paese ha fatto del proselitismo wahhabita il suo credo ad un punto tale, che alcuni hanno chiamato quest’ultimo “Islam petrolifero.” Appoggiando i peggiori gruppi estremisti islamici, come l’Arabia aveva chiuso gli occhi, a suo tempo, sulle centinaia di sauditi nelle file di Al Qaeda in Afghanistan e in Cecenia, così essa fa oggi per l’Iraq , la Siria e lo Yemen.
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fratelli nemici
Il regime saudita, che si definisce lui stesso alleato dell’America, diventa suo nemico alla minima evocazione di democrazia in Egitto, in Iraq e in Palestina, o se si tratta di contrastare l’influenza crescente dell’Iran. In realtà, l’asse Washington-Riyadh resiste più per le minacce alle quali i due alleati fanno fronte, piuttosto che per valori che essi condividano. Così, il regime saudita non avrebbe mai mandato i suoi carri armati a sedare la rivolta in Bahrain, se non fosse stato l’alleato degli Stati Uniti. Non più di quanto non avrebbe partecipato al sabotaggio dell’esperienza democratica in Tunisia, applaudito il colpo di stato militare in Egitto e persuaso il re del Marocco a rimangiarsi le sue promesse di riforma.
Abbiamo visto come il regime saudita , minacciato ai suoi confini durante la primavera araba , aveva dimenticato presto la sua disputa con il Regno hashemita per sostenerlo, e come si era dimenticato l’allineamento dello Yemen su Saddam Hussein per appoggiare il regime yemenita .
L’America avrebbe per lo meno chiuso gli occhi, se non autorizzato un simile “interventismo” se si fosse trattato dell’Iran? Sicuramente no!
È l’alleanza americano-saudita che rende sicure le autorità saudite nelle loro mene. Tanto quanto il regime saudita è il più grande alleato degli Stati Uniti nella regione, altrettanto esso si concede la libertà di opporsi a loro quando si tratta di minacce di democratizzazione.
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Al Qaeda , questo figlio illegittimo degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita
Visto ciò che precede, si impone una domanda: fino dove intende arrivare l’America nel suo appoggio al regno saudita che assicura la sopravvivenza delle dittature, col rischio di nuovi bagni di sangue e di instabilità politica ?
Piuttosto che scommettere contro l’interesse dei popoli e probabilmente contro i suoi stessi interessi, lo Zio Sam avrebbe una migliore ispirazione se puntasse sul risveglio della gioventù araba e su una revisione al ribasso delle esigenze dell’America per il petrolio del Golfo. Esso rappresenta solamente l’otto (8) per cento dei bisogni americani. Una ragione in più perché Washington finalmente riveda i suoi rapporti criminali con il regime saudita, fonte ideologica della diffusione del pensiero wahhabita, il più grande ostacolo per la democrazia nella regione e la più grande minaccia per la stabilità nel mondo. Come promemoria: è da questa unione che è nato questo il figlio illegittimo e malefico, chiamato “Al Qaeda” che si riproduce freneticamente e al di fuori di ogni legittimazione, in Iraq, nello Yemen , in Nord Africa, in Somalia, in Siria e nel Sahel. Nulla dice che esso non partorirà domani una creatura mostruosa che nessuno potrà controllare più .
Le forze democratiche farebbero bene a non fare affidamento sugli Stati Uniti e sull’Occidente. Le due entità hanno tutto da perdere se le rivoluzioni arabe dovessero prevalere e se il vento di rivolta dovesse propagarsi alle petromonarchie del Golfo.
La credenza popolare suggerisce che ogni cambiamento che riguarda l’Egitto si ripercuote sui paesi limitrofi, visto il suo peso geostrategico, la sua forza demografica e la sua influenza culturale. Ma appare ormai chiaro che ogni cambiamento dovrebbe, in realtà, partire dalla Penisola arabica, non già perché essa fosse stata la culla dell’Islam, o stia all’origine della propagazione dell’arabismo, ma in ragione della natura dei regimi che la governano. Regimi costruiti su stretti legami familiari e su considerevoli fortune. È normale che nessuno di loro non ne vorrebbe sapere di un cambiamento che nuocerebbe a questi due interessi strettamente intrecciati.
Ali Anouzla
Traduzione dal francese Attilio Zinelli
ORIGINALE Pubblicato il 12/09/2013 su

  http://www.lakome.com/رأي/106-editorial/30024-السعودية-الخطر-الداهم.html